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Capire la Customer Journey prima di proporre un preventivo

L'ing. Alessandra Penna ci porta alla scoperta della “mappa del viaggio del cliente”, che rappresenta un must per l’ingegnere libero professionista.

“Voi ingegneri aspettate sempre che il lavoro ve lo passi qualcun altro”. 

Questa la frase che l’architetto per il quale lavoravo tre anni fa mi diceva sempre. Mi faceva molto arrabbiare, perché a parer mio non era vero. Poi riflettendoci ho capito che non fosse un’affermazione tanto sbagliata. La qualità di un lavoro è dettata sia da come lo otteniamo che dalla tipologia di clientela. Per capire la tipologia di clientela occorre partire dalle basi: costruire un brand. 

Customer Journey, iniziamo il viaggio: la base è avere un forte Brand 

È fondamentale capire a chi ci rivolgiamo e a quale grado di conoscenza del nostro brand è arrivato il cliente. Ho parlato di brand perché è un aspetto fondamentale nel processo di acquisizione dei clienti. Brand o “marchio” è un qualcosa che viene comunemente associato alle imprese, società, aziende. In realtà è fondamentale anche per il libero professionista. Ad esempio gli allevatori utilizzano il “marchio” per distinguere due animali che altrimenti risulterebbero uguali. Quindi il brand è ciò che ti rende unico, che ti rende diverso dagli altri, diverso dai tuoi concorrenti, oppure migliore. Il brand è l’idea che i tuoi clienti hanno di te, è la risposta alla domanda “perché dovrei scegliere i tuoi servizi piuttosto che quelli di un altro?”. Questo concetto ha ancora più valore nel caso di un libero professionista, che deve continuamente far fronte ad una altissima concorrenza. Per riuscire a rimane- re sul mercato la strategia del prezzo più basso non potrà funzionare, abbassare il prezzo dei servizi offerti è un’azione controproducente non solo per la propria attività ma anche per quella degli altri. Lavorare con tariffe consone al lavoro proposto è possibile e per farlo bisogna innanzitutto costruirsi un brand. 

Occorre capire in quale livello della piramide del grado di conoscenza del brand ci troviamo. È fondamentale per applicare la conseguente strategia di Brand Awareness. Per l’appunto la Brand Awareness rappresenta il grado di conoscenza che un utente/cliente ha di un determinato brand. Lo studioso David Allen Aaker ideò la cosiddetta Piramide di Aaker che comprende 4 livelli di conoscenza del brand: 

  • Inconsapevolezza del Brand non si ha nessuna conoscenza della marca;
  • Brand recognition in questa fase iniziamo a riconoscere la marca, ma solo attraverso domande che la richiamano alla nostra memoria; 
  • Brand recall in questa fase associamo la marca ad una categoria di beni o servizi senza stimoli esterni;
  • Top of Mind siamo all’apice della piramide, in questo caso conoscenza e consapevolezza si fondono a tal punto da influenzare il comportamento d’acquisto del consumatore. 

Prima di partire con qualsiasi attività deve essere chiaro in quale livello di questa piramide ci troviamo, altrimenti qualsiasi azione per ottenere nuovi contatti, o nuova clientela risulterà vana. 

Ci troviamo in un’epoca in cui non basta più essere un bravo professionista. Non è più possibile aspettare che i clienti piovano dal cielo. Il passaparola non è più sufficiente, come non è più sufficiente la sola interazione digitale. È necessario combinare sia l’interazione on-line che off-line. Quello che i clienti ricercano è “la perfetta applicazione delle tecnologie che permetta loro di sviluppare appieno il proprio potenziale e al con- tempo di diventare empatici” come descritto nel libro Marketing 4.0 di Philip Kotler. Esatto proprio marketing, perché è una parola che non deve spaventare. 

Conoscere i touch point nella mappa del viaggio del cliente, la Customer Journey  

Se aspettiamo che il lavoro ci arrivi per caso oppure da un architetto o da un geometra o da altri tecnici rischiamo di non avere difronte un cliente che sia pronto ad accogliere il nostro lavoro nella maniera corretta. Inoltre se non capiamo affondo come il cliente è stato informato da un altro professionista rischiamo di imbatterci in un lavoro che dovremo svendere per ottenerlo e che porterà numerosi grattacapi. Ad esempio se il professionista che ci procura il lavoro non ha la professionalità o l’etica di spiegare al cliente il perché sono necessarie determinate lavorazioni, sicuramente il cliente sottovaluterà il nostro operato o non capirà il perché di determinate scelte. I clienti di oggi sempre più connessi e in viaggio e con meno tempo a disposizione, hanno anche meno tempo per conoscere e valutare un professionista. Ogni dettaglio e lavorazione che entrano in gioco dovranno avere un livello di descrizione tale da far apprezzare al cliente l’importanza della lavorazione proposta. Purtroppo invece molto spesso questo non accade e il professionista, si trova ad avere difronte un cliente che non comprende le lavorazioni, che le sottovaluta e che pensa che il professionista gli serva solo per il “calcoletto” o la “firmetta”.

Dobbiamo tenere a mente che il cliente che abbiamo difronte può essere di tre tipi:
• Un cliente informato, che ha avuto informazioni dettagliate date da un altro professionista che non riesce a fare il lavoro o che non è di sua competenza.
• Un cliente disinformato, che non è consapevole né del lavoro di cui ha bisogno né del professionista che dovrà scegliere.
• Un cliente informato da una pluralità di canali on line e off line. 

Nel primo caso e nel terzo non ci sono particolari problemi perché ci troviamo difronte ad un “utente caldo” ovvero un utente che ha ricevuto informazioni attraverso una fonte di cui si fidava o che gli ha trasmesso risposte ai suoi interrogativi. 

In tempi in cui il ritmo della vita accelera e la capacità di attenzione diminuisce, il cliente fatica a concentrarsi e spesso chiedono consiglio alle fonti di cui si fidano davvero. Di conseguenza è fondamentale per un professionista, come per un’azienda, instaurare relazioni significative con i clienti in corrispondenza di alcuni punti di contatto fondamentali detti “touchpoint”. A tal fine si dovrà tracciare una mappa del viaggio del cliente, la customer journey. Il modello AIDA è uno dei modelli teorici più utilizzati per descrivere il viaggio del cliente ed è composto da 4 fasi: attenzione, interesse, desiderio e azione. Oggi questo modello è stato rivisto perché dovrà tenere conto dei cambiamenti determinati dalla connettività. Quindi il viaggio del cliente sarà riscritto dalle 

Le 5 A: aware (scoperta), appeal (attrattività), ask (ricerca), act (azione) e advocate (passaparola). 

Generalmente le fasi delle 5 A potrebbero seguire un andamento non lineare, ad esempio nel caso di categorie di prodotto o servizi caratterizzate dalla poca numerosità e dall’alta popolarità non necessariamente i sostenitori sono anche gli acquirenti in prima persona. Ad esempio i progetti di Calatrava sono raccomandati da chi non ne usufruisce. Questo significa che i clienti saltano la fase act e passano direttamente ad advocate. 

Questo modello delle 5 A è applicabile a tutti i settori, ma è fondamentale scoprire quale sia il percorso più seguito dai vostri clienti perché potrebbe essere completamente diverso da settore a settore. 

La domanda che ci si dovrebbe porre è: come può il nostro brand identificare e sfruttare i principali punti di contatto lungo il viaggio del cliente? 

Ad esempio se il vostro brand è poco conosciuto e allo stesso tempo vi state chiedendo come fare per ottenere più clienti, per ottimizzare al meglio la fase di scoperta la cosa migliore da fare è quella di scrivere contenuti che rispondano a delle domande poste dal vostro potenziale cliente, oppure contenuti che offrano delle soluzioni a determinati problemi. 

Articolo tratto dal nr. 1 della rivista Lo Strutturista.

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